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affermarono che le tirannie, poggiassero pure su una tradizione di secoli e su un consenso passivo, erano affare interno dei popoli? Le autentiche rivoluzioni, quelle che si ispirarono a un principio universale, furono sempre intervenzioniste. Intervenzioniste la rivoluzione francese, la rivoluzione delle nazionalità, la rivoluzione russa. Financo Mazzini, Kossuth, Mickievitcz, Garibaldi che pure lottavano perché ogni popolo fosse libero di disporre del suo destino e maledicevano gli interventi della Santa Alleanza, di Luigi Filippo, di Napoleone, dichiararono bastarda e mendace la teoria del non intervento.

Dovremmo diventare partigiani del non intervento, noi antifascisti, socialisti, internazionalisti, noi che ci battiamo per superare le vecchie patrie, le stolte divisioni dei popoli, noi che per definizione neghiamo che la nostra rivoluzione possa trionfare nell’angusto quadro nazionale?

E quando mai i rivoluzionari furono pacifisti, nel senso sentimentale, tolstoiano della parola, nel senso in cui lo sono ad esempio gli obiettatori di coscienza? Marx, Plekhanov, Guesde, Kautski, Hyndman, Mehring, Lenin, come in un documentatissimo articolo della «Critique sociale» ricordava Boris Souvarine, hanno fatto assegnamento sulle guerre inevitabili per marciare all’assalto dello stato. E pur rifiutandosi di sposare la causa dell’una o dell’altra parte, si guardarono bene dall’assumere un atteggiamento di neutralità passiva e seppero di volta in volta distinguere

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