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bonda in audacia, in disperazione, in follia. Prima di essere nazionalsocialista è pangermanista. E il suo socialismo è bene quello che si usava chiamare «di guerra», cioè disciplina ferrea imposta a tutte le classi nel campo dei consumi e dell’indirizzo produttivo. Il piatto unico precede la carta del pane. Quanto ai discorsi pacifisti di Hitler, ai tronchi di ulivo offerti goffamente alla Francia all’indomani del colpo di scena ginevrino, nulla di nuovo: Guglielmo II si compiaceva, prima del ’14, di gesti analoghi. Si dice che Guglielmo II non volesse la guerra mondiale e addirittura piangesse alla notizia della dichiarazione di guerra britannica. Probabilmente Hitler piangerà alla notizia di tutte le dichiarazioni di guerra. La sua tragedia, la tragedia della Germania, è proprio la buona fede. Se fosse, come il suo inascoltato maestro Mussolini, un cinico, potremmo sperare che rinsavisse. Ma non può rinsavire e andrà fino in fondo all’abisso.

Se dalla Germania volgiamo il capo altrove non troviamo che inquietitudini e conflitti latenti. Sul Danubio una lotta decisiva si ingaggia. Alla valanga hitleriana si oppone la vecchia Austria-Ungheria legittimista e reazionaria sotto il controllo mussoliniano. Il rimedio sta rivelandosi peggiore del male. Comunque né l’Anschluss né la restaurazione asburgica sono concepibili senza guerra.

Nei Balcani, bulgari, albanesi, croati, macedoni attendono l’occasione propizia per vendicarsi dei torti subiti e delle oppressioni crescenti.


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