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metta un’opposizione indipendente e libera che sia in grado di proporre agli italiani, in uno stato non più totalitario, altri ideali e altre organizzazioni da quelli ufficiali. Molti allora rientrerebbero, non già per arrendersi, bensì per combattere a viso aperto, con nuovi rischi, se occorre, di rappresaglie e di galera, quella lotta che altrimenti noi siamo decisi a proseguire fino alla morte nell’illegalità e nell’esilio.

Non è la nostalgia della terra dove nascemmo che ci fa soffrire. È la nostalgia della lotta. Soffriamo di questa lontananza, di queste lotte a distanza, di questa ineguaglianza tremenda. Il massimo delitto del fascismo apparirà un giorno quello di avere costretto al silenzio e all’inazione, oppure alla ribellione suprema, le energie più maschie e libere, gli uomini che di ogni paese costituiscono il lievito, il fermento attivo e progressivo. Per dieci che lottano in Italia, mille piegano e si rassegnano. In zone immense non cresce né grano né gramigna: terre incolte, desertiche.

Pure, questo è il destino e noi lo accettiamo con serenità e con sicura fede nel domani.

Sappiamo che la libertà non si dona: si conquista. Da dentro: non da fuori. Fuori si può aiutare un popolo, non sostituirsi ad esso.

A conquistare la nuova libertà italiana dovrà essere il popolo italiano, la nuova generazione che presto scoprirà la contraddizione mortale di questo impero composto non di cittadini ma di servi.

La nostra missione è quella di tener duro quando


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