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ciavano di rimanere senza significato. Fu grande merito di Carlo Rosselli avere avuto immediatamente la visione chiara e netta della suprema importanza e dell’enorme significato, per la causa della libertà italiana, di un intervento collettivo antifascista con bandiera italiana nella guerra di Spagna. Fu suo merito l’aver compreso che quella eroica lotta di popolo per la sua libertà non era né doveva rimanere fatto nazionale della sola Spagna. Essa doveva dilagare al di là delle frontiere spagnole. Doveva esser portata in Italia, e dovunque esistesse un regime fascista. Doveva essere il principio della guerra civile europea — guerra civile che non doveva essere giustificata, bensì voluta ed esaltata come legittima e sacrosanta.
Vincendo tutte le esitazioni, rompendo ogni indugio, con quella straordinaria vitalità che era la nota caratteristica della sua personalità, Carlo chiamò a raccolta gli antifascisti esuli e proscritti dall’Italia: battendosi valorosamente sul fronte di Huesca coi suoi compagni, come gruppo italiano, sollevò nella massa dell’emigrazione italiana un movimento di commozione e di entusiasmo che atti di eroismo individuale non avrebbero creato. Col suo gesto egli rese possibile, in un secondo tempo, la formazione di quella legione garibaldina che in sei battaglie condusse alla vittoria di Guadalajara. Poca favilla gran fiamma seconda.
Carlo Rosselli aveva gettato il grido di battaglia: «Oggi in Spagna, domani in Italia».
Soltanto otto giorni dopo che Carlo era stato ucciso