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zioni di tale maturità politica e di tale chiarezza nelle idee; l’operaio industriale delle grandi città russe, che si trova all’avanguardia della battaglia è, per cultura e per valore intellettuale, più vicino all’operaio dell’Europa occidentale che non se lo figurino coloro che riguardano come sola scuola indispensabile per il proletariato il parlamentarismo borghese e la regolare azione sindacale. L’evoluzione del grande capitalismo moderno in Russia e l’influenza del socialismo, che data da più di quindici anni, ed incoraggiava e dirigeva la lotta di classe, hanno, del rimanente, compiuto una buona dose di lavoro civilizzatore, anche senza le garanzie esteriori dell’ordine legale borghese.

Il contrasto diminuisce ancora, quando noi guardiamo un po’ più profondamente al livello reale dell’esistenza della classe operaia in Germania.

I grandi scioperi generali politici hanno scosso in Russia fin dal primo momento i più larghi strati del proletariato e li hanno lanciati in una febbrile lotta economica. Ma non vi sono, in Germania, nell’esistenza della classe operaia, angoli tutt’affatto oscuri, ove la riscaldante luce dei sindacati non è giunta che ben debolmente? Non vi sono categorie intiere, e ben grandi, che fin qui non cercano o cercano invano con lotte quotidiane per i salari, di rialzarsi dall’ilotismo sociale?

Prendiamo gli operai minatori. Già, nella fredda atmosfera della monotonia parlamentare in Germania — come, del resto, negli altri paesi, compreso l’Eldorado dei sindacati: l’Inghilterra — la lotta dei minatori per i salari non si manifesta altro che di quando in quando con forti esplosioni, con scioperi aventi il carattere di forze elementari. Ciò indica appunto che l’opposizione fra capitale e lavoro è qui troppo acuta per lasciarsi sminuzzare sotto forma di lotte sindacali parziali, calme e metodiche. Ma questa miseria operaia, che già, nei tempi normali, costituisce un centro tempestoso di una grande violenza, dovrebbe inevitabilmente in ogni azione politica un po’ considerevole della classe operaia e ad ogni spinta un po’ forte contro l’equilibrio temporaneo del «giorno per giorno» sociale scaricarsi subito in una potente lotta sociale ed economica.

Prendiamo adesso la miseria degli operai tessili. Anche qui, l’esasperate esplosioni della lotta per i salari, quasi sempre senza risultato, che si ripercuotono attraverso il paese ogni due o tre anni, dànno una debole idea della veemenza, con la quale la grande massa agglomerata degl’iloti del capitale tessile balzerebbe al momento di un