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52 | la roma sotterranea cristiana |
stantino. I primi, nel prestare gli ultimi uffici di sepoltura al defunto, presero il luogo dei chierici copiate di Roma; mentre i secondi, i decani, altro non furono che uscierii e mazzieri.
Dilatatosi poi e moltiplicatosi, in tutta quasi la popolazione dell’impero, il numero dei cristiani, ne seguitò naturalmente che la istituzione pure dei copiate, o fossori, prendesse le medesime proporzioni di dilatazione e di accrescimento numerico. Se non che in ragione inversa del diffondersi del Cristianesimo, decresceva il caritativo fervore e la religiosa spontanea operosità degli antichi fossori. Tanto che non era ancora tramontato il IV secolo, che il pietoso ufficio del fossore era divenuto traffico di mercenario.
E cotale mercatura (cap. XX) principia appunto a manifestarsi nel linguaggio epigrafico sul cadere di detto secolo, e non prima; infatti una frammentata epigrafe di quel tempo, trovata nel callistiano cimitero ed illustrata dal ch. Autore, dice aperto che, come il sepolcro (cui essa appartenne) fu concesso alle opere buone, non guadagnato a prezzo d’oro, così non terrena mercede, ma celeste è promessa alle fatiche del pietoso fossore.
Cotesta epigrafe segna, a mio credere, l’ultima fase del caritativo disinteresse cristiano nel dar sepoltura a’ defonti; perocchè fin d’allora l’epigrafico linguaggio non parla che di compra e vendita di sepolcri, e della venalità dei fossori. L’illustre Autore ricorda moltissime iscrizioni, le quali, dal pontificato di Siricio (388-98) sino al papa Sisto III (432-440) mostrano quanto avesse preso piede la costumanza arbitraria dei fossori a mercanteggiare, a conto proprio, i sepolcri. Costumanza che, cessato in quel medesimo quinto secolo l’ordine dei fossori, passò nei prepositi, nei preti titolari e nei mansionarii.
Dissi che i fossori mercanteggiavano i sepolcri a conto proprio, e il ch. Autore ci pone sotto gli occhi non poche epigrafi ed altri monumenti scritti, ove si parla non pure di contratti conchiusi tra l’acquirente e ’l fossore, o più fossori in società, ma del diritto eziandio della vendita dei loculi, trasmissibile nei discendenti ed eredi del defonto fassore. E cotesti pubblici atti, o contratti (dei quali l’egregio Autore espone la natura e il formulario) pare che si conservassero nella stazione od officio (statio) del capo-fossore. Ma oltre i contratti, vi si trova espresso, su quelle epigrafi, sovente anche il prezzo del sepolcro. Talmente che il dotto de Rossi ha potuto dall’epigrafico linguaggio rilevare che il prezzo de’ sepolcri, tra il IV e VII secolo, si mantenne oscillante tra 1 ½, e 6 soldi d’oro; a seconda della natura del lavoro o la suntuosità del sepolcro.