Pagina:Roma sotterranea cristiana.djvu/28


la roma sotterranea cristiana 21

gione Liberiana. In ultimo prende in esame anche altre regioni minori anonime che segnano i limiti estremi di tutta la vasta necropoli Callistiana.

Esordisce il Libro dall'Arenaria (cap. I); e riassumendo lo spinoso tema, o dirò meglio l’arduo problema circa il sepolcro dei famosi martiri greci, Ippolito e compagni, del quale assai e dottamente già toccò nel primo tomo dell’opera1, or si accinge «a svolgerlo e chiarirlo in ogni sua parte», sperando di ritrovare il prezioso sepolcro in questo sito. E prendendo lume dalla topografia del Malmesburiense, dalla silloge epigrafica dei codici di Closterneuburg e di Gottwei, dai più antichi Martirologi e da altri Autori minori, s’inoltra sicuro a cercare il sito preciso degl’ignoti Sepolcri, dopo che nel tomo I (l. c.) ebbe stabilito in genere il collocamento in quest’Arenaria, che fa parte della cristiana Necropoli dell’Appia. Vero è che quivi monumenti certi ed evidenti fanno grande difetto, grazie a’ barbari visitatori di questa regione, che vi scesero, come vedremo, nel secolo XVII; ma le istancabili ricerche del ch. Autore per entro gli antichi Codici e Martirologi d’ogni regione, fruttarono tanta messe di preziose notizie, ignote al Bosio, che compensano assai la mancanza delle testimonianze monumentali. Tali sono, per modo di esempio, i due Elogi metrici del Cod. Closter. e di Gottwei (che qui pubblica per intiero ed emendati); i quali ci narrano che una famiglia di pagani venne di Grecia a Roma; che Ippolito, capo di essa, fu il primo ad abbandonare l’idolatria, e si ritirò a vita solitaria (monachi ritu) nelle caverne, ove attese a preparare ai confratelli cristiani un sepolcreto, il dolce riposo della vita (christicolis gregibus dulce cubile parans). I quali Elogi, che il ch. Autore dimostra anteriori al secolo VII, trovano, nel fondo dell’istoria, un bellissimo riscontro con gli Atti di codesti martiri greci, il cui antico testo inedito, qui (cap. II) ei pubblica per la prima volta; e, confrontandolo con quello prodotto dal Baronio ne’ celebri suoi Annali, dopo una profonda e critica discussione, conclude non esser altro il testo Baroniano che una parafrasi dell’antico; onde ne viene nuovo lume a emendare eziandio le opinioni del Tillemont, che troppa fiducia pose nel testo epitomato dal dotto Cardinale.

Dagli Atti adunque, secondo l’antichissimo testo, chiaro apparisce che codesto drappello di pagani, dalla Grecia venuto a Roma, e quivi confessata pel martirio la fede di G. C, furono tutti deposti in quest’Arenario. Erano tra sè congiunti per vincolo di parentela, e si

  1. Pag. 262 e segg.