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DI OTTAVIO FALCONIERI | 47 |
TEG C COSCONI
FIC. ASINI POLL.
Dond’egli raccoglie con ragione che gli Antichi Romani non si contentassero delle tre sorte di mattoni usale da’ Greci nelle loro fabriche; ma secondo che richiedeva la comodità, la leggiadria, e la proporzione degli Edifizj molte, e molte ne usassero. Nel mio intero altresì, e nei pezzi degli altri, che sono appresso di me, si veggono in lettere, che si chiamano volgarmente majuscole, impressi i nomi degli Artefici, e queste sono scompartite nella circonferenza di un sigillo tondo, che le contiene, in quella guisa appunto, che si veggono nella figura, Che se io mi fussi fermato nella semplice notizia de’ nomi de’ Fornaciai impressi ne’ mattoni sopradetti, cosa di già osservata dal Filandro nel suo, e da altri in diversi lavori di terra cotta io nulla ne avrei ritratto a prò di chi si diletta degli studj dell’Antichità. Ma io non contento di ciò, ed invogliato di cavarne, se mi era possibile, qualche cosa di più singolare: fattimene recare a casa cinque, o sei fra rotti, ed interi, dov’erano improntate le iscrizioni, e quelle non senza fatica lette, ebbi fortuna d’incontrarmi in una, dalle quali parmi di poter conghietturare esser quel muro parte dell’Acquedotto particolare, con cui l’Acqua Vergine dall’Acquedotto maggiore nelle Terme d’Agrippa si conduceva, fabbricato prima dal medesimo Agrippa, e poscia ristaurato, o rifatto di nuovo dall’Imperatore Adriano, siccome nel proseguimento del presente Discorso procurerò di mostrare; il quale ho voluto indirizzarvi in segno dell’amicizia stabilita fra di noi dalla somiglianza degli studj, ed anche sperando di dovervi far cosa grata, dandovi qualsisia notizia delle cose appartenenti all’Antichità, delle quali voi tanto vi dilettate.
Io fondo adunque principalmente il mio discorso su l’Iscrizione di uno di essi mattoni espressa nella figura. Vedesi nel cerchio minore di esse:
TIT. ET GALL. COSS.