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38 DISCORSO

[Act. 6.] Nè solamente in Roma, ma ancora nelle Provincie furono usati gli Attalici. Onde Cicerone fra le altre cose rimproverava a Verre la rapina di alcuni, i quali erano famosi per tutta la Sicilia. Quid illa Attalica tota Sicilia nominata ad eadem peripetasmata emere ohlitus est ?

Erano dunque gli Attalicì drappi d’oro ricchissimi, ne’ quali (ciò che si fa oggidì ne’ panni di Arazzo) si tessevano varie Figure, come s’inferisce da quelle parole patria signa del già allegato verso di Properzio. E perciò dovevano essere ricchissimi d’oro, e di maggior rilievo di quello, che sono i broccati moderni. Al qual proposito racconta L. Fauno, che essendosi ritrovala in S. Pietro, con occasione della nuova fabbrica di Giulio II. l’arca dov’era sepolta [Antichità di Roma] Maria moglie dell’Imperatore Onorio, dalla vesta, e da un panno, ch’ella avea in capo, si cavarono da 40. libbre d’oro finissimo. Ora per intender meglio la cagione, per la quale non fusse stato lecito agli eredi di Cajo Cestio, il porre nel sepolcro di lui gli Attalici, de’ quali si parla nell'Iscrizione, è da sapersi, che in riguardo all’eccessive spese, le quali a’ tempi antichi si facevano ne’ Mortorj, fu d’uopo, che ad un tale abuso si provedesse dalle leggi, e particolarmente nelle Republiche ben regolate, proibendo quelle, ch’erano soverchie, e prescrivendo quanto dovesse farsi, e non più, in simili occasioni. Ciò per legge di Solone ebbe luogo da prima nell’Ateniese, ed ad imitazione di essa passò con le dodici Tavole nella Romana per testimonio di Cicerone. [de leg.] E perchè ne gli ornamenti principalmente del corpo, come nei vestimenti, e cose simili, le quali, o si abbruciavano, o si seppellivano col cadavere, consisteva il più della spesa; fu spezialmente provveduto a ciò, come si comprende dalle parole medesime di Cicerone. Extenuato igitur sumptu tribus Riciniis, et vinculis, o come in altri testi si legge, clavis purpureis. Nel qual luogo non è da dubitare, che per Ricinio non debba intendersi una sorte di vestimento; che che abbiano scritto in contrario il Turnebo, il Giunio, ed altri uomini eruditi, e spezialmente [de Jure Manium l. 1 c. 17] Jacopo Gutiers, il quale con poca ragione, a mio parere, riprende gli antichi Interpreti delle dodici Tavole, perch’eglino abbian creduto, che il