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20 | DISCORSO |
osservazione di questo costume dichiara ingegnosamente il Turnebo, perchè Ottone, come racconta [Lib. 17. cap. 20.] Svetonio nella Vita di lui., essendo per un turbine sopravvenuto, mentre egli stava pigliando gli augurj, caduto in terra, dicesse più di una volta adirato, e pien di dispetto γάρ μοι καὶ μακροῖς αὐλοῖς; Che ho io da fare con le Tibie lunghe? intendendo per esse le cerimonie sagre, le quali egli allora stava facendo. Dalla quarta figura similmente, quando ella abbia allusione a ciò, ch’io vado immaginando e che son per dire appresso, può ritrarsi qualche indizio, da non disprezzarsi in confermazione della mia opinione. Ella siede sopra uno sgabello a foggia di trespolo, ed ha nelle mani una tal cosa, la quale io dopo averla più volte attentamente considerata, a niun’altra ho saputo meglio assomigliare, secondo il parere ancora di molti altri, a’ quali l’ho fatta vedere, che ad una tavola da scrivervi, o volume, ch’egli debba dirsi, e tale veramente lo dimostrano non solamente la figura, ch’egli ha d’un quadrilatero terminante manifestamente in angolo; ma ancora la positura della mano, la quale benissimo si conosce passar sotto al detto volume, e l’atto della figura medesima riguardante quello, ch’ella ha nelle mani, come di chi per appunto leggesse un libro.
Posto che ciò sia, due cose potrebbero significarsi, secondo me da questa figura. Una (e questa io non intendo di proporla se non come un semplice pensiero passatomi per la mente) che il volume, ch’ella ha in mano, possa avere allusione a’ libri Sibillini, a’ quali si aveva ricorso ne’ bisogni più urgenti della Republica per vedere, quali Dei si dovesse cercar di placare, ed in qual modo; onde poi si decretavano i Lettisiernj, ed insieme gli Epuli, come si ha in infiniti luoghi di Livio, essendoché all’uffizio degli Epuloni si apparteneva l’avvertire i Pontefici de’ mancamenti, i quali si commettevano contra i riti della Religione ne’ Giuochi, o nell’altre Cerimonie sagre; perchè essi vi provvedessero, e ciò [De Atrusp. repons.] insegna Cicerone in quelle parole: Vosque Pontifices, ad quos Epulones Jovis Opt. Max. si quod est prætermissum, aut commissum adferunt, quorum de sententia eadem revocata celebrantur. L’altra si è il costume usato non solamente da’ Romani, e