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DI OTTAVIO FALCONIERI 7

e dovevano esser collocate sopra zoccoli di travertino somiglianti agli altri, che sostengono le colonne dalla parte opposta, se non che dove quelli sono larghi 6. palmi, questi ritenendo la medesima larghezza sono lunghi per appunto due quadri, cioè il doppio di essi, onde par che si possa credere probabilmente, che essendo le predette basi, le quali sono per l'appunto palmi 6. per ogni verso collocate nella metà del zoccolo, che guarda in fuori, l'altra più vicina alla piramide fusse occupata dalle colonne corrispondenti a quelle, che oggi sono in piedi, le quali o furono in altri tempi trasportate altrove, ed adoperate ad altro uso, o rimangono sepolte intorno alla piramide in sito diverso da quello, dove si è cavato.

S’alza la piramide sopra uno zoccolo di travertino alto palmi 3., e tre quarti, che le serve di basamento, all’altezza di palmi 164. e due terzi, distendendosi in quadro palmi 130. ed è incrostata tutta di lastre di marmo bianco grosse per lo più circa un palmo e mezzo. Il massiccio è di palmi 36. per ogni verso, dentro al quale al piano del zoccolo s’apre una stanza lunga palmi 26. larga 18. ed alta 19. La volta è di quel sesto, che comunemente si chiama a botte, e questa, siccome le pareti ne’ luoghi dov’esse non son guaste, si veggono

    fredi, chiamato dal Noris la Fenice degli Antiquari Romani, ed amicissimo del Falconieri, dalla qual Medaglia trasse questi un nuovo argomento, con cui avvalorare le di lui congetture su quella di Filippo Seniore, come tutto si rende manifesto dalle prime pagine della Dissertazione, di cui si tratta. Nè l'applauso che riportò questo componimento del Falconieri da’ primi Letterati di quel tempo; né le lodi, che furongli date dipoi da quei che vennero dopo, come il Fabricio, il Bonarroti nelle osservazioni sopra alcuni Medaglioni, dal Maffei nel Tomo 6. delle sue Osservazioni letterarie, dal Moneglia nella Dissertazione sulla Religione de’ due Filippi, ed altri possono oscurarsi, e diminuirsi dal giudizio poco favorevole, che si legge in una Nota sotto il nome rispettabile del Sig Apostolo Zeno nella Biblioteca del Fontanini Tom. 2. pag. 252., e che noi non potiamo persuaderci, che sia veramente sentimento proprio di quel sì degno Scrittore, nol consentendo la cognizione, che