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DISSERTAZ. DI A. NIBBY. 11

afferma Isidoro1. Infatti i Cartaginesi sendo un popolo commerciante, e industrioso, ed abitando in una terra estremamente sabbiosa furono in necessità più di ogni altro di trovare un mezzo da rendere solide le vie, e questo non sì poi fare, che col lastricarle di pietre. E sembra che i Romani stessi non conoscessero questo metodo, se non quando ebbero maggiori relazioni co’ Cartaginesi, e colla Sicilia in occasione delle loro guerre nel mezzogiorno dell’Italia.

Il primo de’ Romani stessi che si sappia avere lastricato vie fu Appio Claudio Censore, soprannomato il Cieco per esere privo di un occhio. Questi nell’anno 44 Roma lastricò la famosa strada, che dal suo nome via Appia si disse, da Roma a Capua. Livio al libro nono Cap. 20. Et Censura clara eo anno Appii Claudii, et A. Plautii fuit: memoriæ tamen felicioris ad posteros nomen Appii, quod VIAM MUNIVIT et aquam in urbem perduxit. Lo stesso dice Frontino2 Appia ... inducta est ab Appio Claudio Crasso Censore, cujus postea Coeco fuit cognomen, qui et VIAM APPIAM A PORTA CAPENA USQUE AD URBEM CAPUAM MUNIENDAM CURAVIT. Prima però che l’Appia fosse lastricata esistevano già da tempo immemorabile la via Gabina, e la via Salaria; ma di queste si fa soltanto menzione come esistenti, senza essere noi certi, che fossero lastricate, come lo siamo dell’Appia. La via Gabina è rammentata da Livio3 primieramente nella guerra contro Porsena, quindi4 parlando degli Equi e de’ Volsci, dice che pervenere ad tertium lapidem Gabina via. E finalmente5 di nuovo ne fa menzione nella guerra Gallica dicendo de’ Galli, justiore altero deinde prœlio ad octavum lapidem GABINA VIA, quo se ex fuga contulerant. ejusdem ductu auspicioque Camilli vincuntur; e qui è da notarsi che dicendo ad octavum lapidem non dee credersi, che la via fosse già misurata, e divisa in miglia, giac-


  1. Origin. loc. cit.
  2. De Aquæduct. lib. I.
  3. Libro II. c. VI.
  4. Lib. III. c. III.
  5. Lib. V. c. XXXVIII.