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la zecca di bologna 85

dei sovrastanti scelti tra i più devoti alla Santa Sede e degli altri addetti alla zecca, spesso nominati a vita.

L’anno 1529 rimase tristamente noto nella storia cittadina bolognese pel cumulo di flagelli d’ogni genere che afflissero la popolazione. Una carestia violentissima e la peste erano stati non ultimi danni delle guerre e specialmente di quella generale che funestò l’Italia, dopo il trattato di Madrid, resa più terribile dalle stragi e dai saccheggi delle truppe imperiali. La miseria nel popolo era estrema. Ad attenuarla tutti i ricchi contribuirono e per molti giorni si videro privati, confraternite, autorità civili ed ecclesiastiche accorrere in S. Petronio a portarvi denaro, gioie, vasi d’oro e d’argento, oggetti preziosi, viveri, grani per esser distribuiti ai bisognosi. Era vice-legato a Bologna monsignor Uberto dal Gambaro che offrì cinquanta scudi d’oro. Alcuni conventi, quello dei Domenicani primo di tutti, offersero gli arredi delle loro chiese e cogli oggetti d’oro e d’argento si coniarono in zecca monete da esser distribuite e gettate al popolo1.

Queste monete, di cui rimangono esemplari, sono d’oro e d’argento. Le prime, equivalenti a 3 zecchini, portano da un lato la mezza figura di S. Petronio collo scudo bolognese e il motto commemorativo: COGENTE · INOPIA REI · — · FRVMENTARIAE; dall’altro lato un cane con torcia in bocca (impresa dei Padri Domenicani che tanto si distinsero allora, come vedemmo) e le parole EX COLLATO — AERE · DE · REBVS · — SACRIS · ET · PRO · — PHANIS · IN · EGENO — RVM · SVBSIDIVM M · D · XXIX — BONONIA · Quelle d’argento (da mezzo scudo,

  1. G. Giordani, Della venuta e dimora in Bologna del sommo pontefice Clemente VII per la coronazione di Carlo V imperatore. Tip. alla Volpe. MDCCCXXXXII.