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76 | francesco malaguzzi |
città allo stato della Chiesa, Giulio II fece una visita ai bolognesi. Il corteo per la sua entrata trionfale, durante il quale furono sparse al popolo le note monete già attribuite al Francia, era formato di una lunghissima cavalcata di senatori, di magistrati, di rappresentanti delle varie classi cittadine, di vescovi e prelati, di ambasciatori dei varii stati, di cardinali: dietro questi venivano il tesoriere del papa e il datario Giuseppe Gozzadini, che spargevano al popolo monete d’oro e d’argento: seguiva finalmente il papa in sedia gestatoria e dietro lui tutti i fuorusciti bolognesi1.
Le monete gettate al popolo, di cui rimangono tuttora esemplari, sono di due sorta. Il cerimoniere Paride Grassi che le fece coniare, non parla nel suo Diario che di due sole, de utroque numismate e ci toglie il dubbio che ne fossero state sparse altre. Le une in oro, del valore di un ducato, del peso di gr. 3.40 portano nel diritto l’arme del papa (Della Rovere) sormontata dalle chiavi decussate e dalla tiara e intorno la leggenda JVLIVS · II · PONT · MAX ·, e nel rovescio la figura di S. Pietro in piedi, di prospetto, colle chiavi nella destra e il libro nella sinistra e intorno le parole: BON · .P · JVL · A · TIRANO · LIBERAT · (Bononia per Julium a tyranno liberata). Le altre, in argento, del valore di un bolognino e del peso di gr. 1.30 portano le stesse impronte, meno una piccola variante: lo stemma pontificio non vi è incorniciato dal comparto polilobo a più righe come in quelle d’oro.
L’asserzione del Vasari che attribuiva queste monete, invero mediocri, al Francia, fu già ritenuta erronea dal Cavedoni2, dal Giordani3, dal Friedlaender4: ad appoggiare le loro asserzioni il dott. L.