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contribuzioni al corpus numorum 53

che coniava con arte assai meno finita gli altri suoi aurei o denari.

In ultima analisi dunque, dietro l’osservazione del tipo, io inclino a credere il medaglione di conio romano, e sarò gratissimo a chi mi vorrà comunicare la sua opinione in proposito, trattandosi di un’epoca, in cui un medaglione d’argento di conio romano costituisce una vera rarità.

Aggiungerò ancora due osservazioni le quali non hanno però, secondo me, influenza sulla questione della zecca. — Il peso è alquanto superiore a quello degli altri medaglioni asiatici di Adriano. Venti di questi in buonissimo stato di conservazione mi danno una media di io grammi, mentre il medaglione restituito ne pesa 10,800; senza chela sua conservazione raggiunga quella degli altri esemplari pesati. — Il medaglione poi non è di coniazione originale; ma è evidentemente — come se ne vedono le traccie anche dalla riproduzione alla tavola — una riconiazione di moneta preesistente; probabilmente di un antico cistoforo che però non mi riesce di identificare, quantunque sembri riscontrarvisi le colonne di un tempio. Giova notare che questo fatto si verifica assai spesso anche pei medaglioni coniati in Asia, come l’abbiamo avvertito parlando della contromarca di Vespasiano al N. 5.

Ho detto che queste due ultime osservazioni non erano in relazione colla questione della coniazione romana piuttosto che asiatica. Difatti, ammessa pure la coniazione romana, il pezzo era destinato per l’Asia e quindi doveva avere le forme, le dimensioni e il peso a un dipresso dei cistofori asiatici; e il peso un po’ superiore alla media di questi non è però tale da mutarne la natura ed è anzi assai facilmente spiegabile dall’essere il pezzo riconiato su di un’antica moneta. La qual’ultima circostanza né aggiunge, né toglie alla ipotesi della coniazione in Roma, perché, se tale era il sistema adottato in Asia, é probabilissimo che anche in Roma, piuttosto che apprestare per una piccola emissione i tondini di una grandezza speciale, si sia trovato più semplice e più spiccio il servirsi di vecchie monete probabilmente già destinate al crogiuolo.