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la zecca di bologna 207

conii fu un Ferdinando da Sant’Urbano da Lotaringia che fu nominato per tre anni col solito stipendio di 250 lire l’anno1. Nel dicembre del 1697 gli successe, per altri tre anni, Tommaso Bajard francese orefice2. Si seguitarono le solite battiture di monete d’oro, d’argento e di rame puro. Di quelle d’argento se ne coniarono, come ci assicura il partito di riconferma del zecchiere, da 3, 6, 12, 20, 24, 30, 40 e 80 soldi l’una di valore.

Da un foglio inserto tra gli atti di quel periodo rileviamo che ogni zecchiere si obbligava a battere scudi da ottanta bolognini, mezzi scudi da quaranta, nonchè da soldi ventiquattro, da venti e da dodici.

Un altro foglio inserto in un rogito del 1698 e che deve essere di quel tempo ricorda che volendosi mutare i conii delle monete per distinguere le nuove dalle vecchie in modo più visibile che pel passato si era stabilito da prima di mettere nelle piastre o lire un S. Petronio con mitra e pastorale colla città in mano «in atto alquanto differente da quello delle piastre antiche» e nel rovescio «una Felsina in piedi con libri et arme» differente dalle precedenti: nei bianchi «un S. Pietro in ginocchioni con Bologna a piedi verso un raggio raccomandante la città» da un lato, e un leone rampante con uno scudo portante lo stemma della città, con disegno nuovo, dall’altro: nei carlini o quarti di lira la Madonna di S. Luca da un lato e uno scudetto «differente da quello de’ Giulij antichi» coll’arme «della libertà» dall’altro: nei mezzi carlini od ottavi di lira il busto di S. Petronio con mitra e pastorale da un lato e le parole mezo carlino entro ghirlanda «legati con uno scudetto dell’Arme della Città»

  1. Partiti, 23, mag. 1693.
  2. Partiti, 43, c., 42, V.