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118 | giuseppe ruggero |
desistere alla fine, e pensai che il Gazzo l’avesse ceduta al compianto Marchese Castagnola, il quale difficilmente si lasciava sfuggire le monete rarissime e tanto meno quelle uniche della serie Genovese. In tal modo sarebbesi spiegata la scomparsa della moneta, e se così fosse stato, i numismatici per ora non ne conoscerebbero il disegno; ma per fortuna mi ingannai.
Visitando in novembre scorso il medagliere Genovese al Museo Municipale, che ora comprende anche la collezione governativa già in custodia all’Università, trovai finalmente il cavallotto che ritenevo irreperibile; e, ciò che non avrei mai supposto, fu di trovarlo per l’appunto nella collezione governativa. Devesi dunque ritenere che il Gazzo l’abbia ceduto a quella negli ultimi giorni di sua vita, e dopo che io stesso aveva visitata per la prima volta la raccolta alla Università.
Che si tratti di un secondo esemplare, non è ammessibile: sia perchè non faceva parte della collezione prima che si perdesse la traccia dell’esemplare conosciuto: sia perchè il suo peso è per l’appunto quello segnato dal primo proprietario.
La conservazione non è bella, anzi mediocre, ma son chiaramente e compiutamente visibili le leggende ed il tipo. Un buco che corrisponde sopra la testa del Santo, spiega lo stato della conservazione, per l’uso che si è fatto della moneta adoperata come una medaglietta di devozione. E questa particolarità mi fa pensare, che alcuno potrebbe spingere quella naturale diffidenza, ottima ogni qual volta si tratti di novità, fino al punto di prendere troppo alla lettera questo uso a cui ha servito quest’esemplare e dubitare che non si tratti di vera moneta. Il tipo del dritto è tale da non lasciar dubbio in proposito, e sarebbe far torto ai numismatici, se io insistessi su