Pagina:Rivista italiana di numismatica 1898.djvu/105


la zecca di bologna 103

del tempo1. Tra le prime battiture ve ne è ricordata una di quattro mila scudi di "quadrantes cum i conij sive impressionis mutatis„ cui seguirono altre di parecchie migliaia di scudi di moneta bassa fino a tutto il 15922.

Gli ultimi anni del secolo ricordano un pericolo di chiusura assoluta della zecca bolognese, stornato dalle pratiche assidue dell’Ambasciatore a Roma, in quel tempo Camillo Gozzadini.

La voce era corsa a Bologna nei primi giorni del 1596, e il Senato ne scriveva subito all’Ambasciatore perchè s’informasse se la cosa era vera e in tal caso facesse del suo meglio perchè l’ordine di chiusura non avesse corso. La risposta da Roma fu tranquillante e per qualche mese non si parlò più di quella progettata misura3. Ciò però influì certamente a destare il panico nel ceto commerciale e in quello degli orefici perchè l’appalto dell’officina in quell’anno andò deserto e fino ai primi anni del susseguente secolo non ritroviamo notizia di coniazioni.

Nel marzo dello stesso 1596 nuovo pericolo di chiusura e questa volta l’ordine relativo era già pronto e un bando lo aveva già preannunziato: la causa sembra potesse essere il grande disordine delle cose monetarie negli stati della Chiesa e la troppo grande varietà delle monete, sicchè a Roma si pensava a chiudere tutte le zecche fuorchè, ben inteso, quella di Roma. Molti dei lagni non erano certamente ingiusti: tra gli altri era di grave inconveniente agli scambi la somiglianza nei tipi tra molte monete d’argento romane e bolognesi, mentre ne era diversa la lega: e l’inconveniente rimontava al tempo di Gregorio XIII.

  1. Istrumenti e scritture, 10 luglio 1590.
  2. Partiti, 3 nov. 1590, e 19 luglio e 9 die. 1592.
  3. Lettere dell’Ambasciatore agli Assunti di Zecca.