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90 | carlo kunz |
soldino di Michele Steno, col tipo di G. Cristo uscente dal sepolcro, che fino ad ora avevasi in conto di raro, mercè questo ritrovo, che ne offerì circa sessanta esemplari, divenne comune.
Altra particolarità degna di rimarco è questa, che tutti i carrarini di Padova avevano una piegatura in traverso, fatta a mano, e ciò potrebbe avere rapporto colla notizia riferita da Rambaldo degli Azzoni, nel suo Trattato della zecca di Treviso1, che nell’anno 1355 i carrarini fossero in Treviso esclusi dal commercio, con bando del governo di Venezia del 15 dicembre, e che nel 1379, tanto i vecchi quanto i nuovi carrarini, venissero banditi da Venezia e da tutte le altre città e terre a lei soggette. Questa guerra alle monete dei signori di Padova fu un preludio dell’altra più seria che la Repubblica mosse agli stessi Carraresi, che nell’anno 1405 finì colla totale loro rovina.
Di questi carrarini, il solo che presentasse qualche differenza da quelli riportati dal Verci, era uno di Francesco II, colla sigla ჰ del zecchiere Giovanni degli Arienti, posta alla sinistra anziché alla destra del Santo.
Tralascio altre riflessioni che potrebbe inspirare la riunione di quelle monete, l’occultamento delle quali sarà stato motivato da mera avarizia, per dire qualche cosa della moneta di Dalmazia, la quale fra tutte era indubitamente la più interessante.
Quattro erano gli esemplari di essa, due integri e due mancanti, ma tutti di conio sì fresco da far credere che poco o nulla avessero circolato (Tav. II, n. 7 e 8).
Il compianto illustre autore del trattato delle Monete dei Possedimenti Veneziani, in base di un decreto dell’anno 1410, contenuto nel Capitolare delle brache, conchiuse2 che in quell’anno si battesse nella zecca di Venezia per uso della Dalmazia questa moneta alla quale egli stimò poter assegnare il nome ed il valore di un tornese, la quale specie di moneta viene da lui più avanti3 determinata pari a quattro ba-