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un nuovo grosso inedito, ecc. | 67 |
sebbene in movenze non del tutto a questa simili, si trovava fin da que’ tempi nelle monete di Milano, di Saluzzo, di Lavagna e di Monferrato.
Due questioni tuttavia lasciò impregiudicate il Promis: quale, cioè, fosse stata l’officina produttrice, se italiana od estera; e se la coniazione fosse legale ovvero abusiva e contraffatta.
Con la osservazione della nuova moneta mi sembra potersi rischiarare l’uno e l’altro dubbio, affermando essere la zecca italiana e la moneta legale, quantunque di tipo imitato, ma non falsificato.
In fatti la nazionalità della zecca apparisce dai tipi scolpiti, il santo e il cavaliere. Il santo vescovo, effigiato come nel grosso di Benevello, lo troviamo, oltre Ancona, a Rimini, Bologna, Reggio, Camerino, Arezzo e Volterra. Del cavaliere accennammo più sopra, come fosse tipo prediletto da molte zecche dell’alta Italia. Si manifesta altresì per l’arte, per il disegno, per la semplicità dei contorni, senza centinature e perline, e per la correttezza delle lettere.
Escludo finalmente nel Falletti lo scopo di contraffare e falsificare: chi vuole frodare lo Stato con coni adulterati non vi spaccia sopra il suo nome e titolo e l’arma patente; ma stampa leggende anomale, o equivoche, o mancanti, a fine di non essere scoperto e sottoposto alle leggi severe dei falsari. Di più, il Falletti si sarebbe fatto reo d’ingratitudine verso il suo protettore Carlo V, e ciò ripugna per fermo al carattere leale di un condottiero d’armi.
Riepilogando: la esistenza di una zecca a Benevello è omai accertata, sebbene abbia lavorato per breve tempo; e questo feudo col suo signore Falletti, che fin qui timidamente erano comparsi nella Bibliografia dei sigg. fratelli Gnecchi1 e nel Manuale dell’Ambrosoli2, hanno diritto al loro posto definitivo nei nostri cataloghi e nelle serie di monete italiane.
Roma, Agosto 1896.