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64 o. vitalini

Godo pertanto di poter costatare che questo grosso è senza dubbio della zecca di Benevello1.

Prima che il comm. Vincenzo Promis, in una nota comunicata all’Accademia delle Scienze di Torino, nel novembre del ’88, segnalasse due monete di Gio. Antonio Falletti2, conte di Benevello, questo piccolo feudo era del tutto sconosciuto nella numismatica italiana. Le due monete, allora prodotte ed illustrate, uno uno scudo d’oro noto solamente dalle antiche tariffe, al tipo dell’aquila bicipite e della croce; e un grosso, nel medagliere di S. M. in Torino, coll’aquila medesima e uno stemma alla banda scaccata di tre tiri. Nelle leggende, che si completano a vicenda, il lemma di onore Carolus Imp: ovvero Karolus Romanor. Imperat, con le note nominali del signore o feudatario Jo: Anto: Fa: Comes: Bene: 1537.

Riproduco dalla detta memoria il grosso di argento:



Il ch. autore nell’erudita monografia concludeva che tali monete erano state battute forse in Germania, ad imitazione di simiglianti pezze tedesche, italiane e svizzere, dal conte di Benevello Gio. Antonio Falletti, per privilegio o in onore di Carlo V, nel cui esercito aveva comandato un reggimento di fanti italiani. E questi fu il primo e l’ultimo conte di Benevello, tra il 1520 e il 1550, e durò finche

  1. Benevello, capoluogo di mandamento, circondario e diocesi di Alba, provincia di Cuneo.
  2. La memoria del Promis fu stampata a parte (E. Loescher, Torino, in-8, di pag. 9) e nel frontispizio incorse l’errore di scrivere Gio. Battista, invece di Gio. Antonio Falletti: quest’equivoco fu pur ripetuto da altri.