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60 | luigi frati |
racconta un fatto, per tempo e per luogo, alquanto da lui discosto, e di cui era assai male informato, siccome egli stesso ne ha pòrto testimonianza manifesta nell’errata descrizione delle monete, asserendo che da una banda era la testa naturale di Giulio, e dall’altra la leggenda: Bononia per Julium a tyranno liberata; di che mostra non averle mai vedute, e di aver confuso in una due distinte specie di monete: quelle cioè eseguite dal Francia tra il finire del 1508 e il 1509 (v. Tav. I, n. 4 e 5), le quali hanno appunto l’effigie di Giulio II, appiccicando ad esse il rovescio delle altre gittate al popolo nel 1506 (Tav. I, n. 2 e 3).
Resterebbe ora a determinare il numero di ciascuna specie di dette monete, se l’espressione de utroque numismate non lasciasse incerto se il valore dei tre mila ducati fu ripartito fra le due specie in parti uguali, come parrebbe aversi ad argomentare dall’inciso precedente mille ducatos tam ex auro quam moneta. Ciò ammesso, il numero delle monete in oro sarebbe stato di 1500, e di oltre 42,000 quelle in argento.
Finalmente altro anche più convincente argomento contro l’asserzione del Vasari si ritrae dal confronto del lavoro delle due monete colla leggenda: Bononia per Julium. etc. colle altre riportate ai n. 4 e 5, che sono veramente opera del Francia, rispondendo esse alla descrizione delle stampe commessegli nella deliberazione del Senato del 19 novembre 1508. Basta avere l’occhio mezzanamente educato al sentimento dell’arte per convincersi della notevole disparità di lavoro che passa fra le une e le altre. Nelle prime la figura del Santo, il partito delle pieghe, la forma delle lettere, ogni parte è lavorata mediocremente; laddove nelle due ultime per lo contrario tutto è con sommo magistero condotto: e la faccia di Giulio piena di espressione, la figura del Santo bellamente atteggiata, la testina finissimamente incisa, bello e naturale il piegheggiare delle vesti, elegante la forma delle lettere. Cotalchè reca veramente sorpresa che tanta disuguaglianza di lavoro non sia stata per innanzi avvertita; dove non credo andar lungi dal vero, ritenendo che la somma rarità delle monete in discorso, e segnatamente del bolognino, avendo impedito la facilità del confronto, abbia contribuito a prolungare l’erronea attribuzione, che ho preso a ribattere.