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perchè si vegga sino a qual punto si estenda la coincidenza di cui ho parlato; e come la nostra Società, anche per questo riguardo, sia pure secondario, possa compiacersi d’una sede così singolarmente adatta all’indole sua.

Fra le targhe (d’interesse numismatico) del Castello, alcune recano stemmi od imprese che furono adottati dagli Sforza ma che risalgono ai Visconti: — la biscia, o sola, o inquartata con l’aquila; i tizzoni con le secchie, impresa già di Galeazzo II Visconti; la fascia annodata, impresa di Filippo Maria, il quale usò pure sulle sue monete, poggiata sullo scudo, quella corona col ramo di palma e col ramo d’alloro, che campeggia poi sola su qualche targa del Castello, come campeggia poi sola sulle monete sforzesche. Anche lo scudo partito con la biscia e le tre aquile, ch’è lo stemma della contea di Pavia, figura già sulle monete di Filippo Maria Visconti.

Altre imprese invece sono schiettamente sforzesche, come la elegante scopetta, il bizzarro leone col cimiero e le secchie, la graziosissima colomba nel fiammante, emblemi tutti che s’incontrano e qui e sulle monete degli Sforza, La targa col cane appiè d’un albero, quantunque non trovi riscontri nelle monete sforzesche, richiama tosto al numismatico una notissima medaglia di Francesco Sforza, opera del valente medaglista Gianfrancesco Enzola di Parma, nonché una rara moneta milanese di Filippo li di Spagna.

E fra queste targhe dell’epoca sforzesca, infine, le LL. MM. e le LL. AA. RR. potranno osservarne diverse che recano un’insegna ben nota e familiare: lo scudo con la croce, sul quale poggia un elmo che ha per cimiero un teschio di leone alato. È la medesima insegna che occorre con tanta frequenza sulle monete di Savoia; ed essa ci ricorda quel motto misterioso che la attornia su di un antico suggello del Conte Verde, quel motto magico e profondo che Carlo Alberto adottava poi per il suo carteggio, e che egli, nel 1844, intendendo lo sguardo pensoso all’aurora del nostro risorgimento, faceva incidere per una medaglia rimasta celebre, coi busti di Dante, Raffaello, Galileo e Cristoforo Colombo: — J’attends mon astre.

E ora, ad Umberto I, al Re leale, — alla coltissima Regina d’Italia, — a S. A. R. il Principe di Napoli, valoroso fautore della numismatica e Presidente onorario della Società, — e al fiore gentile ch’egli ha trapiantato fra noi dall’opposta riva dell’Adriatico, i nostri omaggi e la nostra reverente riconoscenza.

Vive acclamazioni ai Principi e ai Sovrani accolgono le ultime parole dell’Ambrosoli, come avevano accolto prima i discorsi precedenti. Lasciando allora le sale sociali il Sindaco invitò i Principi e i Sovrani a visitare le parti restaurate del Castello, la corte ducale, la loggetta di Galeazzo Maria