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498 | giuseppe ruggero |
ritornando su quel documento, troviamo che questi talleri avevano l’effigie di re ed imperatori, ma che il teste non ricordava bene quali fossero. L’illustre A. dichiara di non conoscere altre monete che possano corrispondere a quella descrizione, all’infuori di quelle che portano il busto di un guerriero armato ed a capo scoperto, come si trova sui talleri di Casale di Messerano e Tassarolo, coll’aquila al rovescio. Ma la deposizione del teste precisava l’effigie in modo, da lasciar qualche dubbio sulla ipotesi del Promis.
Il magnifico tallero, che ho disegnato dal calco che me ne ha favorito S. A. R. il Principe di Napoli, fortunato possessore di questo pezzo insigne, viene a colmare una lacuna, palesandosi anche nel peso, per una di quelle monete citate nel documento. D’altronde non è probabile che questa venisse coniata dopo di quell’anno, anzi nemmeno dopo del 1583, sia perchè ci allontaneremmo di troppo dall’epoca di Ferdinando I: sia perchè allora si coniavano già altri talleri coll’effigie del successore Massimiliano II, che rimangono ancora a noi sconosciuti (V. pag. 38, Op. cit.).
Il dritto della moneta non ha nulla che riveli la zecca di origine, essendo, salvo qualche particolare insignificante, eguale a quello dei talleri ungheresi dell’Imperatore, colla stessa leggenda di quelli. E questo era più che sufficiente per la circolazione della moneta fino a che non venisse scoperta la frode. Il rovescio invece, Imperiale per l’aquila, si mostra di Dezana allo stemma ed alla leggenda: particolari questi, sui quali non si fermava certamente l’attenzione del pubblico, digiuno in gran parte di lettere e maggiormente di araldica.
Non si è assaggiato il titolo, ma al semplice aspetto si dimostra non inferiore di certo, a quello indicato sul documento più volte citato.