Pagina:Rivista italiana di numismatica 1897.djvu/487


la zecca di bologna 463

quali era insorta certa questione relativa a monete coniate1, ma non è chiaro se si trattasse di coniazioni recenti e dell’officina bolognese. Frattanto a Bologna avevano corso monete forestiere di ogni sorta e un bando del 1° luglio 1459 prescriveva che non si potessero spendere i nuovi pecchioni dalla palma di Milano per più di otto quattrini l’uno e i bolognini marchesani per più di cinque2.

Pochi mesi prima della morte di Sante Bentivoglio si affittava la Zecca a Lodovico Canonici orefice bolognese, che s’impegnava a coniare bolognini d’oro e d’argento3. E sono di questo secondo periodo di Sante Bentivoglio alcune monete che rimangono corrispondenti alle descrizioni incluse nei capitoli: sono poche perchè, pochissimo tempo dopo, la locazione, in causa della improvvisa morte di Sante, fu ripetuta con altri capitoli e con altre persone. Oltre la nomina del Canonici fu fatta quella dei sovrastanti nelle persone di Giovanni Guidotti e Giovanni Bianchetti e di un terzo, (di cui ignoriamo il nome) scelto dal legato: al custode Carlo Bargellini si assegnarono L. 5 mensili. Si stabilì (secondo una consuetudine comune ad altre Zecche italiane, che trova spiegazione nella diffidenza dei tempi giustificata dalle frequenti adulterazioni e asportazioni delle monete) che il luogo dell’officina sarebbe stato scelto dal Comune in luogo centrale e facile a sorvegliarsi. Le coniazioni del 1463, da farsi dal Canonici, comprendeva bolognini d’oro, bolognini d’argento grandi e piccoli, quattrini e denari piccoli.

I bolognini d’oro dovevano essere stampati «che da uno lado li sia suxo sam pietro apostolo in piedi

  1. Arch. notarile di Bologna, Rog. Domenico Amorini, 1455, 3 Nov. filza 8, n. 285.
  2. Arch. di Stato cit. Zecca, B. I. (Decrefi).
  3. Partiti, 1463, 9 febbraio, v. doc. VI.