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462 francesco malaguzzi

dovesse andare alla libbra di peso L. 3.18 e avere soldi 2 per libbra di peso di tolleranza.

Che non si potesse estrarre dalla città o contado di Bologna oro o argento in verga e monete forestiere, ecc., che pel transito di argento in verga o monete forestiere occorresse il permesso dei due detti sovrastanti; che chi volesse mettere argento in Zecca pagasse per libbra lordo di peso soldi 12 di fattura e soldi 6 di affinatura, ecc.

Che si battessero piccoli alla stampa usata e alla lega dei quattrini che ne andassero L. 3.19, alla libbra di peso con denari 2 di tolleranza e soldi 2 di tolleranza per libbra.

Che dopo due mesi da tal battitura si bandisse la moneta forestiera che non fosse della bontà della bolognese. Che si pagasse il salario di L. 7 il mese a un garzone per stare continuamente sopra i maestri di Zecca. Che dei bolognini ne andassero all’oncia soldi 29. I bolognini d’oro che si batteranno essendo di bontà, lega e peso dei due Veneziani come tali si spendessero (Appr. 21 genn. 1450).


E qui incominciamo ad avere notizie degli incisori delle monete. Tra le denunzie dei forestieri che venivano a domiciliare a Bologna, sotto le date 4 marzo e 6 aprile 1451, troviamo i nomi di Pietro di Bertolino Maestri da Reggio, incisore di monete e di Nicolò di Francesco Ferini da Firenze maestro di Zecca e pratico anche della tecnica perchè è detto nel documento ch’egli venne a Bologna per lavorare in Zecca1. Se però costoro furono realmente applicati subito all’officina, l’opera loro dev’essersi limitata a raccomodare vecchi ponzoni o tutt’al più a rifare quelli per qualche moneta piccola, perchè del 1° periodo di Sante Bentivoglio non conosciamo moneta d’oro o d’argento e quelle attribuitegli da qualcuno sono invece del tempo di Giovanni II, come ci assicurano i capitoh, che riporteremo a suo luogo. Nel 1455 erano bensì maestri di Zecca un Benedetto di Antonio del Montone e Bartolomeo Mino Rossi tra i

  1. Arch. cit.