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454 | francesco malaguzzi |
lognese sotto i successivi governi di Innocenzo VI (1352-1362), di Urbano V (1362-1372) del quale ci rimane un bolognino d’argento col suo nome e ritratto e di Gregorio XI (1372-1378) anche per mancanza di carte di quel tempo negli archivi pubblici.
Importantissima invece è la innovazione creata nel 1379, ed attuata dopo il 1° gennaio dell’anno susseguente, sotto la signoria della Chiesa, cioè l’introduzione per la prima volta del fiorino d’oro. La nuova moneta fu chiamata bolognino d’oro, cosicché da allora il bolognino fu completamente introdotto nelle tre materie ormai adottate negli scambi: oro, argento e rame. Ne assunsero la coniazione Bernardo di Domenico Nardo e Zenobio di Paolo de Jaceto, fiorentini, e il nuovo bolognino fu battuto ad imitazione del ducato veneziano (mantenutosi più fedele al tipo originario del fiorino di Firenze) e quindi d’oro purissimo in ragione di 102 fiorini per libbra d’oro, ossia del peso di grani 75 15/51 per cadauno (7680/102) che sono grammi metrici 3,5471. Il fiorino venne valutato a 34 grossi d’argento, cioè a 2 s. 10 d. di grossi, corrispondenti, secondo l’ultimo ragguaglio del 1289, a 906 grani di puro argento: e si ricaverebbe per il 1379: 75: 90 = I: 12.8, come ragguaglio fra i due metalli1. Bologna che, come vedemmo, non aveva accolto molto tempo prima le proposte del podestà Andrea Zeno, ebbe così soltanto allora il fiorino quando questo era già stato accolto in molte parti d’Europa.
Porta nel diritto il motto BONOMIA DOCET (che fu introdotto per la prima volta a ricordare al mondo civile la gloria dello Studio) e il leone rampante collo
- ↑ Salvioni, Op. cit.