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vansi per uno il quale oltre i nomi dei re Arnolfo e Berengario offre quello della città inscritto entro il tempietto. Non mancano i denari di forma più ovvia col nome locale, dello stesso Berengario I, di Ottone I, di Corrado II, e parecchi denari e denari terzoli dei due primi Federici e di qualche Enrico. Tanto per le monete dei re d’Italia fino al tempo in cui Milano, considerandosi indipendente, tralasciò d’inscrivervi i loro nomi. Di questa epoca, repubblicana o Torriana che dire si voglia, non mancano i facili grossi di vario disegno, seguiti da presso da alcuni grossoni e grossi e denari di Enrico VI, Enrico VII e Lodovico l’il Bavaro.

Eccoci alle monete che segnano il dominio della potente famiglia Visconti pella quale la potestà fu sorgente di tali sventure da bilanciare quasi il cumulo delle sue colpe. Le più meritevoli di rimarco sono un grosso di Luchino e Giovanni coll’arme di casato; il grosso di Giovanni, ultima moneta di questa zecca imitante le forme di alcune degli imperatori d’Oriente dei secoli XI e XII; il pregevolissimo fiorino d’oro segnato dei nomi dei tristi fratelli Barnabò e Galeazzo II; quello di pari impronto e rarità del solo Barnabò, ed altro non meno rimarchevole col duca a cavallo in arnese da torneo, la cui attribuzione a Galeazzo II richiama alla mente i dubbii concepiti dal Giulini che spetti forse a Gian Galeazzo. Di Filippo Maria non sono spregevoli il grosso che lo rappresenta a cavallo ed il soldo col santo in cattedra.

La seconda Repubblica, ch’ebbe sì corta durata e finì colla dedizione di Milano a Francesco Sforza, ci porge il mezzo ambrosino d’oro, un soldo ed un denaro.

Con Francesco Sforza, il valoroso e prudente capitano, ha principio una nuova serie di monete la quale mostra quale grado di eccellenza avesse toccato la piccola arte non meno delle arti monumentali nel tempo in cui Milano fu governata da lui e dai suoi discendenti, e come anche in questo caso, secondo spesso si nota, un grande carattere storico sia scintilla che desta dintorno a se ogni sorta di progressi e di perfezionamenti. Figurano vantaggiosamente in questa categoria due ducati d’oro dello stesso Francesco; un grosso di Bianca Maria, tutrice di Galeazzo Maria; tre grossi colla