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zione del bianco di Bologna del marchese Besso; due talleri del principe Filiberto Ferrero; il quattrino anonimo sul quale un poco avveduto nummografo, invece del nome di Crevacuore volle scoprire quello di Carmagnola, feudo dei Saluzzesi, ed un quattrino foggiato ad imitazione di alcuni di Milano di Filippo IV, il quale, per essere sciupato, mi lascia dubbioso, ma che forse appartiene al principe Francesco Lodovico Ferrero.


Passerano.


In breve volgere di tempo il novero delle monete uscite da questo scomparso castello dei Conti Radicati, tratte dall’obblio quase tutte per opera di due diligentissimi ricercatori, s’accrebbe di tanto da detestare invidia a molte città d’alta storica rinomanza. Sono per la massima parte prodotti clandestini e contraffazioni d’altre zecche, emessi con iscopo d’illecito guadagno nel corto intervallo di pochi anni, dal 1581 al 1598. Sette, tutte prive di nomi personali, ne conserva il Museo Bottacin, fra cui una che seppe occultarsi alle ricerche di quei valenti, una parpagliuola cioè di schietto rame, fatta con più intiera somiglianza di quelle di Milano dalla Provvidenza, perchè ne ripete esattamente le leggende e soltanto i due quarti dell’arme ostendenti ivi il biscione visconteo, sono in questa occupati dal castagno sbarbicato dei Radicati. (Tav. IV, n. 4).


Frinco.


Altra effimera zecca ch’ebbe vicende simili alla precedente e l’onore degli stessi illustratori. Cinque sono le monete che trovammo di questa officina, ma nessuna ci offerse qualche particolarità degna di rimarco.




Pria di abbandonare il Piemonte conviene ch’io accenni a due monete che vi hanno relazione. La prima è il denaro dal tempietto, di Lodovico I, signore di Vaud, terzogenito