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134 | francesco gnecchi |
Il culto degli anniversari non è certamente una novità dei nostri tempi; era anzi vivissimo presso i Romani (informino i voti, le feste e i giuochi), ed è da essi che noi l’abbiamo ereditato.
Se tutte le restituzioni portassero una data — ed è deplorevole che invece non ve ne sia che un certo numero di quelle di Tito coli’ unica data, di cui si fece cenno più sopra — vi troveremmo probabilmente molte coincidenze interessanti. Durante il regno di Tito e Domiziano cade il centenario della morte d’Agrippa, il cinquantennario della morte d’Agrippina, di Tiberio e di Claudio, e difficile sarebbe il dire oggi di quanti altri importanti avvenimenti relativi agli altri personaggi restituiti cadessero gli anniversari in quel periodo. Fatto sta che la monetazione se ne impadroniva, senza troppo sottilizzare se il nome, cui l’avvenimento si riferiva, fosse veramente glorioso, oppure semplicemente opportuno al momento. E ciò significherebbe che la scelta dei personaggi non va molto indagata, non essendo sempre libera e spontanea; ma dipendendo bene spesso da circostanze o da casualità passaggere. Di quanti fra i nostri anniversari i posteri cercheranno invano la ragione!
E da ciò si può anche dedurre che la restituzione si riferiva al personaggio, non già alla moneta. Lo spirito della restituzione non era certamente quello di riconiare una precisa moneta di tempi anteriori, bensì di ricordare un principe passato. Per far questo si coniava una moneta che ne riproducesse il nome e l’effige e si sceglieva generalmente un rovescio che avesse appartenuto alle sue monete; ma, anche quando si seguiva questa norma — il che non era costante — non s’andava allo scrupolo nella riproduzione dei particolari. Inutile quhidi il sottilizzare sulla maggiore o minore fedeltà delle riproduzioni, superflue le indagini per trovare ad ogni restituzione il suo archetipo