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di S. Pietro, sennonchè la moneta della quale ora le mando un fedele disegno, mostra che nel dare esecuzione ai capitoli


stipulati in quel contratto, non fu per essa osservata a puntino la citata prescrizione, giacchè in cotesto indubitato quattrino di Clemente VII, non è già S, Pietro, ma bensì il Battista che vediamo raffigurato, come appunto nel quattrino di più vecchia riconoscenza ch’egli fece improntare nel tempo in cui non era che cardinale e governatore di Fabriano. Nè voglio perciò negare che altri ancora ne possano essere stati battuti al di lui nome, poscia che divenne Pontefice, colla effigie del Principe degli Apostoli, ma intanto l’esistenza di codesto mi richiama alla mente l’opinione surriferita dello Scilla e del Bellini che giudicarono del tempo di Leone X, i quattrini anonimi coll’arme medicea e l’immagine di S. Pietro e mi porta alla conclusione che quegli egregi possano bene avere côlto nel segno. S’è così, sarebbero essi di quei quattrini prescritti nel breve pontificio del 1520, battuti sub ea liga qua in urbe romana cuditur, nè soltanto la lega, ma il tipo pure di quattrini romani di quel pontefice si sarebbe in essi mantenuto. E parmi anche vera la somiglianza dell’intaglio con altre di lui monete, notata dallo Scilla, che con qualche evidenza potrei dimostrare se non temessi di abusare della Sua indulgenza.

Ammesso ciò, avremmo ora quattro categorie di monete di Fabriano: il piccolo autonomo, il cui tempo dal solo disegno del Ramelli non è concesso poter determinare; i quattrini di Leone X; quelli di Giulio de’ Medici cardinale, e finalmente il quattrino dello stesso dopo che assunse colla tiara il nome di Clemente VII.

Questo fa parte della insigne raccolta di monete di zecche italiane posseduta dal nobile signor conte Nicolò Papadopoli, il quale, modello del vero gentiluomo, adorno delle più squisite doti dello spirito e del cuore, ed entusiasta per tutto