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il denaro pavese ed il suo corso in italia | 53 |
apprezzato in Spoleto diversamente che non era in Genova; ovvero, per le stesse ragioni di sopra addotte, che il prezzo di tre lucchesi comuni nuovi per un denaro pavese fosse stato alquanto eccessivo per mancanza di moneta suddivisoria spicciola.
Fra i documenti romani che ci ricordano il denaro pavese antico, quello però che presenta maggiore interesse è uno dell’anno 1195 della raccolta di Cencio Camerario.
Noi ragionammo di già su questo documento allorquando, altrove, trattammo sulle origini del denaro provisino del Senato romano1. Ci occorre ora ragionarne di nuovo per tutto ciò che da esso si ricava, sia sul valore intrinseco dell’antico denaro pavese, sia su quello delle altre monete che successivamente nel XII secolo ebbero corso in Roma.
Nell’anno 1195 la Chiesa romana liquidava un debito che aveva contratto colla famiglia dei Prefetti già dal 1158, allorquando regnava papa Adriano IV2. Nella somma che la Chiesa romana doveva rendere a questa famiglia erano comprese cento libre di denari pavesi che costituivano la dote della nobile Porpora, già moglie del fu Pietro di Vico, primo di questo nome, ed avola dei presenti eredi a’ quali quella dote spettava e fra i quali doveva essere divisa in porzioni differenti. Per due terze parti di questa dote ossia a libre 66, soldi 13 e denari 4 di denari pavesi, eguali ad ottantadue marchi e mezzo d’argentò fine a peso romano, la Camera Apostolica sborsò e pagò in moneta corrente duecento sei libre e cinque soldi di denari provisini del Senato.