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52 | vincenzo capobianchi |
proporzioni stabilite; e questo ragguaglio esatto sarebbe precisamente quell’altro che ritrovasi nel documento fermano stesso, fra le otto libre e mezza di denari pavesi con le diecinove libre di lucchesi [afforziati]. Dal qual ragguaglio si ha la proporzione di un denaro pavese con due lucchesi [afforziati] ed un quarto, o più chiaramente nel modo di computare d’allora di XII denari pavesi cambiati con XXVII lucchesi afforziati (26 ed 82 centesimi).
Questa proporzione corrisponde quasi esattamente con quella della tariffa romana dell’anno 1195, della quale ora ragioneremo; ove XII denari pavesi sono ragguagliati a XXVII proveniesi {della Sciampagna) che dai surriferiti documenti romani sappiamo avere avuto lo stesso prezzo dei lucchesi afforziati.
Il denaro lucchese del decreto d’Innocenzo III non era l’afforziato, ma bensì quello nuovo, tre dei quali occorrevano per pareggiare un denaro pavese. Questo denaro lucchese è quello stesso che ritroviamo menzionato nella tariffa di Genova del 1164, ove correva tassato a soldi XLVIII per un marco d’argento a peso di Colonia; mentre il lucchese afforziato, come ora vedremo, era tassato in Roma a soldi XXXVI e denari IV per un marco d’argento a peso romano, ossia al medesimo prezzo del proveniese della Sciampagna: però siccome il marco di Colonia era più grave del romano del 9 e 17 per cento, ne viene che il denaro lucchese afforziato avrebbe valso a questo marco invece soldi XXXVIIII e denari VIII. Ed ora constatiamo un altro fatto. La proporzione che abbiamo ritrovato fra il denaro lucchese afforziato ed il lucchese comune nuovo cioè da due ed un quarto a tre, non è la medesima che si avrebbe da soldi XXXVIIII e den. VIII a soldi XLVIII, pareggiando i due denari lucchesi col marco di Colonia. Due sono le ipotesi che spiegano questa differenza: o che il lucchese nuovo fosse