Pagina:Rivista italiana di numismatica 1896.djvu/275

266 necrologia

mento, sempre assumendo nuove forme, sempre adornandosi di nuovi colori.

La sua prontezza nel percepire, la sua rapidità nell’assimilarsi ogni fatta di cognizioni, la sua facilità nell’esporle, tenevano dell’incredibile; come prodigiosa addirittura era la sua memoria, che in ogni ordine di studi gli soccorreva immediatamente con la più svariata erudizione.

Il fondo della sua cultura era classico, direi anzi, era soltanto classico, come lo traeva con sé l’educazione avuta; per quel che mancava di moderno a questa solida base, aveva supplito da autodidatto e da par suo.

Dotato di attitudini artistiche non comuni, egli, senza aver avuto nessun insegnamento di disegno, pur sapeva riprodurre le monete in modo da conservar loro quel carattere originale ch’è sì prezioso, e ch’è ribelle talvolta anche ad un elegante e provetto disegnatore.

L’occhio, esercitato sin dall’adolescenza nell’esame e nel confronto de’ monumenti, acuito dalla quotidiana lotta contro le insidie de’ falsari, aveva acquistato in Umberto Rossi una sicurezza straordinaria nella quistione più spinosa della Numismatica, l’autenticità dei pezzi; e siccome in lui concorrevano e si armonizzavano le disposizioni artistiche e le cognizioni storiche, filologiche, paleografiche, questa sicurezza non era solamente intuitiva, ma poteva quasi sempre ribadirsi sovra salde e inoppugnabili ragioni.

Rossi era nello stesso tempo uno scienziato e un conoscitore pratico; invidiabile fusione di due tipi troppo sovente disgiunti e che riunendosi accrescono vicendevolmente di molti doppi il proprio valore.

Agguerrito in modo così formidabile per le pugne dei pensiero, superbo d’una tempra di ferro, sorriso dall’amore di una virtuosa compagna e di due teneri figliuoletti, incoraggito in sì giovane età da una fama già lusinghiera, Umberto Rossi vedeva aprirsi a’ suoi sguardi un orizzonte di lavoro geniale e di meritate soddisfazioni.... Quell’orizzonte lo attrasse, lo sedusse.... ed egli volle affrettare con irrequieta passione il raggiungimento di quegli scopi lontani che il tempo gli prometteva come premio securo, ma ch’egli era impaziente di toccare mentre ascendeva ancora la parabola della vita.