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la zecca di campobasso | 453 |
battuti, di esse due campioni solamente, fin ora, sono giunti a noi.
Morto Angelo I, ecco succedergli nella contea di Campobasso e in tutti gli altri feudi Nicola I suo figlio, solenne discepolo di Giacomo Caldora, animo di guerriero e di poeta1 spirito insofferente di giogo, cuore dignitoso di cavaliere che tenta di raggiungere l’ideale di grandezza a cui la nascita, le memorie degli avi, l’incontestato valore proprio gli danno diritto di sperare in quei tempi di rivolta e di disordini, di orgoglio e di fiacchezza, di divisioni e di partiti.
Egli nel 14582, con principesca magnificenza, innalza sul culmine della roccia brulla da cui scende Campobasso, il potente castello che gli permette di fronteggiare un esercito e di spingere lo sguardo su le pendici del Matese e i contrafforti del Maiella, sulle valli del Biferno e i burroni del Fortore. Ivi, tra i canti de’ trovatori e gli esercizi guerreschi, non dimentico che la moneta è il nerbo degli eserciti e la grandezza de’ signori, in pubblico attestato di sua rivolta a Ferdinando I di Aragona e quale sfregio a quel monarca3, fa che i punzoni della sua zecca battano tornesi di mistura e di bronzo, accolti a dovizia su i mercati nostri e d’Oriente, poiché il nome di Nicola I è potente nel regno e celebre di fuori.
La soverchia distanza dall’epoca in cui stampavansi in altre zecche e circolavano, così in Levante come nel mezzogiorno d’Italia, i tornesi di tipo orientale (ed io aggiungo il breve ed oscuro dominio che, nella sua grama e meschina vita, ebbe di Campobasso
- ↑ F. Pellegrino., Cola di Monforte conte di Campobasso rimatore napoletano del secolo XV.
- ↑ Perrella A., Op. cit., pag. 202.
- ↑ Galanti G., Opera citata.