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422 francesco gnecchi

Uranio ci corre. Nell’esiguo numero di 15 o 16 esemplari conosciuti, o per essere più precisi, sugli undici soli esemplari di cui io posso giudicare — gli otto dei musei pubblici e tre di collezioni private, — senza accennare alle semplici ripetizioni, abbiamo un rovescio che si ripete ben quattro volte e un dritto che si ripete sei volte! Sul totale dei pezzi le ripetizioni saranno dunque certamente più numerose; ma anche le sole accennate presentano una eccezione così palese, che ha dello strano, per non dire dello stupefacente. Negli aurei d’Uranio Antonino non v’ha quasi conio che non sia ripetuto; non v’ha alcun tipo di rovescio prodotto da due conii diversi, e io sfido chicchessia a citarmi un altro esempio simile. Noi ci troviamo quindi davanti a due casi unici i quali, per la loro concomitanza, si aggravano a vicenda.

2.° Prima di lasciarla proseguire nella sua requisitoria, vorrei rispondere a questi due punti, i quali, se hanno una certa apparenza di gravità, possono cadere davanti ad un’ipotesi differente da quella, che Ella ha fatto; e l’ipotesi è questa. Gli aurei d’Uranio Antonino non furono trovati singolarmente ad uno ad uno nel periodo di diversi anni, ma sono il prodotto di un unico ripostiglio.

1.° E come avvenne allora che il primo — intendo il primo a fior di conio — apparve nel 1843, e gli altri successivamente e interpolatamente fino ad oggi?

2.° La spiegazione è semplicissima. Il ripostiglio cadde nelle mani di astuti speculatori orientali, i quali, onde sostenerne il prezzo, ne posero in commercio uno o due per volta, di mano in mano che si presentava un cliente; e, ammesso questo stratagemma, è ammissibile non solo che parecchi ne siano man mano apparsi; ma altresì che altri possano in