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appunti di numismatica romana 421

su di un campo di battaglia, e in tali circostanze un fior di conio non può essere che una rara eccezione. Ne viene dunque che il caso degli aurei di Uranio Antonino, trovati singolarmente, a parecchi anni di distanza, sempre nel più perfetto stato di conservazione, è un caso unico, che tiene del misterioso.

E questo non è tutto. Al caso unico e strano della conservazione va unito un altro fatto egualmente strano e pure unico, la ripetizione dei conii. Si dice comunemente che non si trovano due monete romane del medesimo conio. Quest’asserto è certamente una esagerazione; ma prendiamolo pure come un modo di dire per esprimere l’immensa quantità di conii diversi che si riscontrano per la stessa moneta e la difficoltà estrema di trovare il medesimo conio ripetuto. Per citarle qualche esempio, nessun conio ripetuto si trova fra i 560 aurei del Gabinetto di Brera, nessuno fra i 1010 della mia collezione, neppure fra i 30 di Domiziano tutti a fior di conio e tutti provenienti da un unico ripostiglio, quello di Szeghedino. Quantunque dodici fra questi portino la medesima testa e la medesima leggenda: DOMITIANVS AVGVSTVS, pure tutti sono prodotti da conii differenti. Dirò di più. Tre anni sono, acquistai in Sicilia un grosso ripostiglio di denari della repubblica. Ebbene, su 148 denari di Pompeo che vi si contenevano, non mi fu dato di trovarne due prodotti dal medesimo conio. Ad onta di ciò è da ammettere che ragionevolmente un conio anche all’epoca romana dovesse servire per un certo numero di monete, e non è impossibile e neppure improbabile trovare dei conii ripetuti Difatti, prendendo ad esame il Catalogo d’Amécourt trovo fra mille aurei tre conii ripetuti e precisamente la testa di M. Aurelio nei due aurei 317 e 318, quella di Commodo nei nn. 354 e 355 e quella di Settimio Severo nei nn. 381 e 382. Ma da questo al caso di