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380 | luigi a. milani |
Meno esatta è la descrizione dello stesso Eckhel, in Doctrina Num. Vet., p. 30, dove tale moneta è stata dichiarata a torto un quinario.
Le iniziali S • C (Senatus consulto) aggiunte nel rovescio del quinario edito dal Riccio (v. fig. 1) con barba, e dal Cohen-Babelon (v. fig. 2) senza barba, il tridente aggiunto dietro la testa del diritto, l’iscrizione diversa (S • PO MP invece di S • POMP sic) e il diverso modulo, avrebbero dovuto bastare a far riconoscere erronea l’identificazione con il pezzo fiorentino; ma pur troppo gli errori numismatici di questa specie sono frequenti e inevitabili, quante volte faccia difetto la critica o si trascuri l’autopsia dell’originale.
Il nostro pezzo ha un diam. di mill. 9 e pesa soli gr. 1,11. Perciò non è un quinario, come fu giudicato, ma una frazione corrispondente ai noti pezzi romano-campani da xx sesterzi (Babelon, I, p. 26, n. 31), emessi per la prima volta al tempo della seconda guerra punica (anno 217 av. Cr.)1. L’insigne aureo col presunto ritratto di Sesto Pompeo (v. Babelon, II, p. 353, n. 24; cfr. Bernoulli, Röm. Ikon. I, Münztaf. II, 51-52, p. 225), nell’esemplare fiorentino, perfettamente conservato, pesa gr. 7,79, che diamo qui riprodotto (fig. 5).
La nostra frazione corrisponde quindi ad un settimo quasi preciso di tale aureo. Altri esempi di