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humectée, et à recouvrir de ce mélange les lames de cuivre rouge, qu’on met ensuite au fourneau. Voilà donc la troisième condition remplie, puisque la mème pierre, s’adjoignant le cuivre, le transforme en laiton„1.

Se la dimostrazione del Rossignol lascia ancora un dubbio sul nome e la qualità del minerale, di cui Strabone accenna solo gli effetti, questo dubbio si dilegua col seguente passo di Festo che così definisce la cadmia fossile o calamina; cadmea, terra quae in aes conicitur ut fiat orichalcum2. Dunque gli antichi, almeno nell’età imperiale, sapevano produrre artificialmente l’oricalco e si servivano del minerale detto calamina, senza conoscere, a quanto sembra, lo zinco. Questa considerazione, nella quale concordano i chimici e mineralogisti moderni, ci porge occasione di rispondere al terzo quesito che dianzi proponevo. L’oricalco doveva esser tenuto in pregio più che non sia oggi l’ottone, perchè lo zinco era poco o nulla diffuso e passava per un prodotto minerale molto raro, tanto che lo chiamavano falso argento. Su questo punto poi non è necessario fermarci, avendo noi innanzi addotto le testimonianze relative di Plinio e Polluce, i quali parlano della prevalenza dell’oricalco sul rame puro, quasi nella proporzione di i a 2.

Lascio ad altri il compito di ricercare se siano degni di fede i passi degli antichi scrittori relativi a una qualità di oricalco che si estraeva dalle miniere, come a dire l’aes cordubense, di cui parla Plinio; a me basta aver dimostrato che i Romani dell’impero conoscevano la lega del rame e della calamina per

  1. Rossignol., o. c, p. 251-253.
  2. Fest., s. V. Cadmea.