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contributo alla storia della moneta romana | 337 |
essendo consumate dall’uso, raggiungevano tuttavia il peso dei nuovi denari messi in circolazione. Escluderò parimenti da questa ricerca i denari con la sigla IMP • VESP, studiati dal Borghesi e dal Bahrfeldt1 e la limiterò allo studio di quelle sigle impresse, per ordine dell’Imperatore, su molte monete di zecca romana o provinciale che già da qualche tempo circolavano all’epoca di tale impressione. Queste sigle, comunemente dette contromarche, consistono per lo più nelle iniziali del nome di quegl’imperatori che le fecero segnare per ragioni diverse. L’importanza loro non isfuggì alle indagini dei grandi numismatici, quali l’Eckhel e il Borghesi, i quali però trascurarono di prenderle seriamente in esame. Eppure io credo che esse siano degne di particolare considerazione, perchè tutte ci attestano l’intervento dell’imperatore nella monetazione di bronzo e alcune sono manifesto segno di riforme monetali richieste, in certi tempi, dalle condizioni economiche dell’Impero.
Il Mahudel2 suppone che la presenza delle contromarche sui bronzi imperiali derivi da tre diverse cagioni, cioè:
a) o dalla necessità di accrescerne il valore in circostanze difficili;
b) o dalla nomina di un nuovo imperatore;
c) o dall’idea di rinfrescare la memoria di un morto imperatore, nel qual caso se ne segnava il nome sule monete da lui coniate.
Il De Saulcy3 che più d’ogni altro studiò questo argomento, ne riduce le cause a due: