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332 | ettore gabrici |
suoi poteri. Per Caligola poi si aggiungeva un’altra grave cagione, lo sciupo dei tesori dello Stato in isciocche distribuzioni, in feste e giuochi d’ogni sorta. In men di un anno consumò un tesoro infinito e il disordine nelle amministrazioni era giunto a tal punto, che alla morte di lui non vi era grano nella città bastevole per più di sette od otto giorni1.
Lo stesso avvenne a un dipresso con Claudio. Quel che con Caligola fu effetto di demenza, con Claudio fu effetto di debolezza. Il suo impero ebbe buoni principii, ma pessima fine: buoni principii, perchè egli ebbe buona volontà di rendersi veramente utile allo Stato, pessima fine, perchè gli mancò quella forza di carattere necessaria in chi opera. Appena salito al trono nell’anno 794 (41 d. C.), mostrò tale energia di governo, che se l’avesse conservata, avrebbe fatto non picciol bene allo Stato. Riordinò i pesi in tutto l’impero e riordinò anche quelli delle monete, scaduti sotto Tiberio e Caligola. Ma la debolezza del suo carattere, il suo poco partecipare al governo, perchè circondato e consigliato da donne, tutto questo lo trasse alla rovina. Non fu uno di quegl’imperatori che s’imposero al Senato stesso, come vedremo avverrà con Nerone, si lasciò guadagnare la mano e il suo governo iniziato bene finì male. Nel suo impero non sono segnalati fatti economici che ci possano far formare neppure un lontano concetto dello stato delle finanze, ma certo non potè essere diverso da quello degli altri che lo avevano precorso. Caligola sprecò, Claudio invece non sprecò, ma spese bene. Il suo principato non mancò nè di gloria militare nè di gloria politica. Conquistò la Bretagna, ridusse a provincie la Tracia, la Licia,