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326 | ettore gabrici |
dal Senato, l’oro e l’argento dell’imperatore direttamente. In questo capitolo terremo parola di alcune eccezioni alla regola generale, che fanno qua e là capolino, e di esse alcune trovano la loro spiegazione, altre devonsi attribuire all’arbitrio. Per verità fino a quando si trattasse di bronzo coniato dall’imperatore senza il segno dell’autorità del Senato, ciò non dovrebbe sorprendere gran fatto, perchè non dobbiamo dimenticare che la coniazione delle monete è stata sempre una prerogativa dell’autorità suprema in ogni stato, e l’imperatore coniando il bronzo non commetteva un abuso vero e proprio, ma non faceva che usare di un diritto da lui ceduto. Abuso e, a mio credere, quello del Senato che talvolta coniò l’oro e l’argento.
Durante l’impero di Augusto e di Tiberio non fu mai commesso un simile atto illegale nè da parte del principe nè tampoco del Senato; lo constatiamo la prima volta durante l’impero di Caligola, di cui si conosce qualche sesterzio mancante della formula S • C1. Fu dunque l’imperatore il primo a dare il cattivo esempio, e se questo suo atto non provocò nessuna reazione sotto di lui nè sotto Claudio, alla morte di quest’ultimo va notato un fatto di supremo interesse che parmi sia sfuggito a quanti si sono occupati finora di numismatica imperiale. Morto Claudio, la coniazione dell’argento e dell’oro passò d’un tratto nelle mani del Senato che la tenne per circa un decennio 807-816 (54-63 d. C.). Non conosciamo denari o aurei di questo breve periodo che non siano contrassegnati dalle lettere EX • S • C. Prime a esser coniate furon le monete di oro e argento dalla leggenda DIVVS • CLAVDIVS • AVGVSTVS e dal so-
- ↑ Cohen2 Calig., n. 1, 2, 3.