Pagina:Rivista italiana di numismatica 1895.djvu/324

310 ettore gabrici

adunque il pregio che questo metallo aveva nell’antichità, è lecito ammettere che alterare l’oricalco dei sesterzii e dei dupondii valesse come alterare un metallo prezioso; così si spiega come questo metallo, non altrimenti che l’oro e l’argento, segua le vicende economiche dell’Impero e la sua alterazione sia indizio di strettezze finanziarie.

La testimonianza di Plinio è vera, verissima, come dimostreremo in seguito; però nello studio delle monete sorge una grave difficoltà. Il sesterzio, come nominale massimo della moneta di bronzo, è riconoscibile ad occhio nudo, così pel modulo come pel peso, ma è ben diverso quando si è al dupondio ed all’asse. Entrambe queste monete sono del medesimo modulo; l’unica differenza è quella del colore, essendo l’una di color giallognolo, proprio dell’oricalco, l’altra di colore rossastro, proprio del rame puro. Se non che neppure questa differenza è costante per due ragioni notissime: l’una, che col volger degli anni il pezzo metallico si è rivestito di una patina, per lo più verde, la quale e’ impedisce di distinguere il colore del metallo; l’altra, che non sempre i dupondii sono di oricalco, assai spesso sono di pessima lega che si confonde col rame puro. Comunque sia la cosa, il certo è che finora non si è riconosciuto quali siano i dupondii, quali gli assi coniati da ciascun imperatore, e i numismatici si sono contentati della inetta divisione, per dirla col Borghesi, in bronzo grande, medio e piccolo.

La questione però non è tanto ardua quanto

    in poi i metalli usati per!a coniazione delle monete furono l’oro, l’argento, l’oricalco e il rame puro. Ciò non pertanto io mi varrò della parola bronzo come termine generico, per indicare tanto l’oricalco quanto il rame puro, e con essa non intendo riferirmi al metallo che risulta dalla lega del rame con lo stagno.