|
annotazioni numismatiche genovesi |
189 |
gli capitarono tra le mani. Ricordo benissimo che egli amava di ripetermi sovente, non essere conveniente di tener conto soverchio delle varianti di un solo tipo, per non ingombrare inutilmente le collezioni. Tuttavia, egli fece molte eccezioni a questa sua massima in varii suoi scritti; e ritengo che l’avrebbe fatta anche per il primo tipo Genovese, almeno per riguardo alla sua durata, se tra gli esemplari veduti avesse incontrato varianti ben distinte. Nei disegni illustrativi delle Tavole Genovesi, ho compreso due genovini ai nn. 10 e 11 della Tavola I, che per i loro caratteri segnano i limiti di non breve intervallo di tempo. Senza perderci in una minuta analisi che ci porterebbe troppo per le lunghe, rimando semplicemente il lettore a quei disegni, perchè si possa convincere, che se l’asserzione del Promis può convenire al secondo, non può dirsi lo stesso per il primo. Questo ha tali caratteri di maggiore semplicità che non sconvengono affatto alla prima metà del XIII secolo. Ma è necessario aver presente, che nello studio dei caratteri delle monete, e specialmente di quelli delle lettere in relazione alle epoche, si devono instituire i confronti con i monumenti regionali corrispondenti, e non tra monete di regioni diverse. A chi volesse poi muovermi qualche dubbio anche per il primo dei disegni citati, supponendo che il Promis possa averlo conosciuto, studiato e su quello aver sentenziato; e che il parere di un Promis debba prevalere: risponderei, che egli ha parlato di genovini e non di frazioni. La quartarola riportata da lui alla pag. 15 e n. 1 Tav. I, lo ha evidentemente colpito per alcuni caratteri, che egli confessa eguali a quelli degli antichi denari; non ne differisce infatti, nè per la mancanza della crocetta nella leggenda del rovescio, nè per la desinenza del nome del Re al genitivo. Quella disegnata nelle Tavole G. al n. 7