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188 | giuseppe ruggero |
Onde, tenuto conto del titolo, abbiamo il rapporto del denaro antico al primo grosso in 1 : 4.
Continuando l’esame della Memoria, troviamo che l’A. a pag. 13, nega che i Genovesi coniassero l’oro prima dei Fiorentini, adducendo a sostegno della sua tesi le tre prove che partitamcnte analizzeremo.
1. Non si trova menzione di moneta d’oro Genovese, in nessun documento patrio prima della metà del secolo XIII, ma solo di monete estere.
Non dobbiamo stupirci, che in questi documenti patrii ma non Genovesi, si ritardi a parlare di moneta d’oro Genovese, se nei nostri stessi documenti se ne tace ancora per tutto quel secolo. Il Desimoni, a cui non si può negare di certo la miglior competenza per la più ampia conoscenza dei nostri Archivi, ci assicura1, che tolto un solo caso per il XIII, la nostra moneta d’oro non apparisce nelle carte che dal 1303 in poi. Eppure, nè il Promis nè altri tra i nostri contradditori, vogliono ritardata di tanto la coniazione del Genovino; perchè non si dissimulano la difficoltà, di restringere nei soli 36 anni che ci rimangono per giungere ai Dogi, 3 tipi di Genovini che coi loro caratteri stanno a provare ben altro periodo di tempo trascorsi tra l’uno e l’altro. Dunque, il silenzio delle carte a proposito del genovino, se può confermare la tenacità delle consuetudini Liguri, non può esser invocato in favore dell’opinione contraria all’antichità del genovino.
2. Fra i tanti nummi aurei colla IANVA che egli vide, nessuno gli offrì caratteri tali da ritenerlo anteriore alla seconda metà del secolo XIII.
Non son ben persuaso che il nostro A. abbia fatta la dovuta distinzione tra i diversi genovini che
- ↑ Pref. cit., p. xxxvii.