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186 | giuseppe ruggero |
La seconda delle cause da prendersi in esame, e quella che ha la sua origine nelle esagerazioni di alcuni autori. Il Carli1 vuole che esistesse una zecca Genovese fin dal 796. Il Serra2 non vorrebbe rinunziare a questa credenza. Il Gandolfi si dimostra più discreto, e senza pretendere di far risalire la zecca patria ai Romani oppure all’ottavo secolo, la ritiene provata per un’epoca di poco anteriore alla fine dell’XI secolo. Queste esagerazioni provocarono una reazione, che al solito trasmodò. Certamente, il Gandolfi coll’aver voluto una zecca patria anteriore al diploma Corradino del 1139, ha favorito il giuoco degli avversari. Egli era in buona fede, per cui dobbiamo assolverlo di questo suo peccato, in compenso di quanto ha fatto per la nostra numismatica Genovese, specie per quella dei Dogi; nè ho trascurato di rendergli nei precedenti miei scritti, la giustizia che gli spetta. Ma quell’errore fu tale, che gli attirò i colpi avversari anche là dove egli aveva ragione da vendere, compresa la questione della moneta aurea.
La terza, e secondo me, la più importante delle cause accennate, è l’opinione del Promis, la quale ha potuto imporsi alla generalità dei Numismatici, più per il prestigio di tanto nome, che non per forza di argomentazioni. Questi, non pago di confutare il Gandolfi circa la maggiore antichità della zecca, tenta di provare l’assoluta precedenza del fiorino; e con certi suoi argomenti, innalza un’edificio che a primo aspetto pare indistruttibile, ma che io confido di demolire facilmente, senza mancare perciò al rispetto anzi alla venerazione dovuta a si gran maestro.