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180 | giuseppe ruggero |
cartella stava tra le mani del divin pargolo: dunque, prima che la si improntasse sulle monete. Nè mancano ancor oggi altri esempi in Genova di quella statua colla stessa cartella: vedasi tra l’altre quella di Prò sulla piazza dello Statuto; dove manca assolutamente traccia di altra leggenda allusiva al Governo.
Per me non v’ha dubbio alcuno che il vero dritto, all’inizio del nuovo tipo, sia quello che porta effigiata la Vergine. Ma questo dubbio può sorgere invece per il seguito della monetazione, essendo che il gran colpo di Stato compiuto coll’atto solenne del 25 Marzo 1637 è uno di quelli che lasciano poca traccia di sè, e perciò soggetti a sparire ben presto dalla memoria. È probabile perciò che la Vergine del Voto, siasi ridotta presto o tardi a rappresentare la parte assegnata agli altri santi protettori. Non è facile indicare l’epoca di questa trasformazione, la quale si sana certamente prodotta a poco a poco; ma la prima volta che sulle monete, sarà stata considerata per rovescio la parte della Vergine, non sarà stato probabilmente che in quei casi, nei quali abbiamo l’arme della Repubblica sulla parte opposta invece della croce patente.
Da quanto ho esposto, si riconosce la convenienza di risolvere la questione generale in senso relativo e non in quello assoluto. Invece di ricercare quale delle due faccie della moneta sia da considerarsi come la principale, dobbiamo limitarci a designare per dritto quella parte, che gli autori della moneta stessa hanno inteso volta per volta di designar come tale.
Ridotta la questione in questi confini, ci si presenta un criterio materiale ma infallibile, almeno per tutto quel tempo che durò la coniazione a martello. È un fatto conosciuto da quanti hanno pratica di monete antiche, e facile a verificarsi da chi non