Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
annotazioni numismatiche genovesi | 175 |
concetti, delle frasi e delle linee, gettassero a volte sprazzi vivissimi del loro forte ingegno; così devesi riconoscere che anche in fatto delle civili e politiche virtù, il decadimento genovese non sia stato tanto compiuto e generale, da impedire che rimanesse alcuna traccia dell’antico amore alla patria libertà, e specialmente tra il popolo. E questo sentimento che in causa delle condizioni della Repubblica non sapeva e non poteva estrinsecarsi in maniera più degna, è naturale che si appigliasse a tutti quei meschini artifizii, che erano la caratteristica dell’epoca, e che il nostro autore ci descrive minutamente. Accennerò solamente ai principali.
Il Doge, che fin dal 1533 aveva già indossato la veste togata, cum manicis ad istar campane redolentibus Maiestatem Ducalem; e che nel 1536 aveva aggiunto il privilegio di portare biretum cum circulo aureo et cum cuse honorabili in signum libertatis et potestatis nostrae Reipublice, ottiene finalmente dall’Imperatore nel 1580 il titolo di Serenissimo1.
Nel 1637 la Repubblica assume il titolo e la corona regia per il regno di Corsica, e con solenne funzione ed atto pubblico a’ 25 di Marzo, fa dono dello Stato alla Vergine; quindi con legge degli 8 di Maggio si prescrive di improntarne l’effigie sulle monete in luogo del castello o grifo, abolendo la leggenda CVNRADVS REX ROMANORVM.
Basandosi sulla conferma della libertà genovese fatta nel 1530 da Carlo V colle parole cum ab immemorabili tempore citra esse in possessione libertatis, ed a furia di brigare e di spendere, si ottiene l’abolizione di ogni vieta formola di dipendenza imperiale