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annotazioni numismatiche genovesi 169

è in banda nel primo ed in sbarra nel secondo. Non credo che possa esservi stato un motivo importante in questa distinzione, ma tuttavia non deve essersi fatta a capriccio. Inclinerei a riconoscere l’intenzione di seguire l’uso corrente nel caso dello scudo isolato (V. Bologna, Lucca, ecc.); mentre in quello dei due scudi accollati, mi pare che si abbia voluto usare una disposizione esteticamente più armonica nello insieme, non potendosi dare allo scudo della croce un posto secondario.

Per la conservazione della moneta, che è tale da far credere che non sia stata mai in circolazione, l’egregio possessore mi esprimeva il dubbio che si trattasse di un semplice progetto di nuovo tipo; ma per conto mio non condividerei quest’opinione. Che la coniazione di questo tipo non sia stata ripetuta: che sia rimasta limitata a questa specie: che la durata ne sia stata passeggera e quasi effimera, son tutte cose che si possono ammettere facilmente: ma non posso egualmente concedere che questa moneta rappresenti un semplice progetto.

Mi confortano in questo avviso due ragioni, una tecnica, l’altra storica. La prima è tratta dalla stessa moneta, la quale col suo peso e col suo titolo che si possono ben definire, rappresenta realmente un dato valore; mentre i progetti di nuovi coni cioè le prove sono generalmente di metallo puro, rame o argento. La seconda ragione è costituita dalla perfetta convenienza del nuovo tipo, date le condizioni locali politiche dell’epoca nella quale veniva ideato, come vedremo meglio più avanti.

Dal peso della moneta in relazione al titolo apparente, si direbbe trattarsi di un pezzo da 5 soldi o quarto di lira, frazione che in quell’anno avrebbe dovuto contenere circa grammi 1,30 di argento fino. Fatto il dovuto conto per la diminuzione negli spez-