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162 francesco gnecchi

Il Medaglione.

la data — l’arte — la leggenda.


Il carattere di Teoderico, quale si rivela da tutte le sue gesta, e l’ambiente nel quale si svolse, unitamente alle circostanze della monetazione dei Goti in Italia, danno, mi pare abbastanza chiaramente, la ragione e la spiegazione del Medaglione. Mentre le necessità sociali e le inveterate abitudini costrinsero lui barbaro e intruso nel romano impero, a battere la moneta corrente col nome e coll’effigie dell’imperatore regnante in Costantinopoli, l’orgoglio di atteggiarsi a Cesare romano, lo spinse a coniare almeno una moneta di lusso col proprio nome e colla propria effigie, a somiglianza di quelle che avevano coniato gli imperatori romani.

Volendo così continuare il fasto dei medaglioni d’oro, ed anzi rievocarne l’uso da mezzo secolo abbandonato, era troppo naturale che ne affidasse l’incarico al più abile fra gli artisti contemporanei, sfoggiandovi tutta l’arte, di cui l’epoca poteva essere capace. E difatti sotto il rapporto artistico, il medaglione si può considerare il capolavoro dell’arte bizantina, in fatto d’incisione. Se la Vittoria del rovescio, malgrado la grazia delle pieghe e dei particolari, offre qualche troppo sensibile sproporzione di forme, come il soverchio volume della testa, il dritto è certamente un’opera insigne e degna di tempi migliori. Coll’effigie di fronte così splendidamente modellata, con quella capigliatura altrettanto originale di disegno come fine di esecuzione, che ricorda così da vicino quelle che ammiriamo nelle pitture e nelle sculture italiane del secolo decimoquinto, allorché il risorgimento ritornò in vita, migliorandola e perfezionandola, l’arte bizantina;